Storia della Seconda guerra Mondiale, nel Senese: L’eccidio di Scalvaia

Luogo: Scalvaia

Comune: Monticiano

Denominazione: Eccidio di Scalvaia, Martiri di Scalvaia

Data/periodo: 11-13 Marzo 1944 (eccidio); 12-17 giugno 1944 (vendetta del Monte Quoio).

Descrizione: Fu nei boschi del Monte Quoio, nel 1943, che il primo nucleo della Brigata Garibaldi “Spartaco Lavagnini” cominciò ad assembrarsi: vicina alle strade verso Siena e la Maremma e ricca di boschi in cui nascondersi, la zona offriva, oltre che una posizione strategica, anche la protezione necessaria.
Nel marzo del 1944 venne istituito un distaccamento permanente di brigata, chiamato “Fil di Ferro”, nel poggio di Fogari. I partigiani del distaccamento, che era comandato dal monticianese Roberto Galli (detto “Franco”), assaltarono la macchina del capo della Provincia di Grosseto nei pressi di Scalvaia. L’attentato si concluse con l’uccisione del milite fascista Poerio Neri e il ferimento del commerciante monticianese Elamiro Magrini.
La rappresaglia dei fascisti fu puntuale: l’11 marzo fu accerchiato il seccatoio sul Monte Quoio che era diventato rifugio e base per le azioni dei partigiani. Il 9 marzo, le frequenti incursioni fasciste nei boschi senesi avevano impedito a “Franco” di condurre tutte le reclute in salvo al Belagaio. Così i fascisti sorpresero nel seccatoio una ventina di giovani. Nel combattimento, uccisero Giovanni Bovini e ferirono il diciottenne francese Robert Haudin.
Alcuni ragazzi riuscirono a fuggire nei fitti boschi dei dintorni, tuttavia in diciassette furono fatti prigionieri e condotti al cimitero di Scalvaia. Sette di loro furono portati a Siena, mentre i restanti dieci, fatti scendere presso il fosso dell’Acqua Nera, poco dopo il bivio che da Scalvaia porta a Monticiano, furono fucilati. I corpi di Giovanni Bovini, Alizzardo e Alvaro Avi, Lilioso Antonucci, Ezio Filippini, Aldo Mari, Azelio Pieri, Cesare Borri, Faustino Masi, Ermanno Fabbri e Solimano Boschi furono seppelliti provvisoriamente in una fossa comune nel cimitero di Scalvaia. Purtroppo non furono gli ultimi: Haudin, trasportato con gli altri a Siena, morì il 12 marzo per le ferite riportate. Gli altri, condotti alla Caserma Lamarmora, furono sommariamente processati e quattro di loro furono condannati a morte: Adorno Borgianni, Primo Simi, Tommaso Masi e Renato Bindi furono fucilati il 13 marzo.
A seguito di questi fatti, i partigiani catturarono, il 12 giugno, otto uomini di Monticiano, accusati di essere le spie che avevano portato all’eccidio. Dopo essere stati processati, il maresciallo dei Carabinieri Vito Francesco Campanile, Francesco Pachetti, Ranieri Bruscoli, Ottaviano Martinelli, Odoardo Ramerini e Corrado, Giustino e Alì Galli furono fucilati il 17 contro il muro del cimitero di Scalvaia.
Entrambe le azioni ebbero modo di essere giudicate a conflitto concluso. L’istruttoria per l’eccidio di Scalvaia vide imputati, quali mandanti, l’allora prefetto di Siena, Giorgio Alberto Chiurco, e il comandante Zolese. Esecutori materiali della fucilazione furono riconosciuti invece i militi Galliano Bernardi e Alessandro Rinaldi. Nonostante il loro evidente coinvolgimento, con sentenza del 20 luglio 1950, Chiurco e Zolese furono assolti per insufficienza di prove, mentre Bernardi e Rinaldi furono condannati.
Riguardo la cosiddetta “vendetta del Monte Quoio”, invece, l’istruttoria che riguardò i diciassette partigiani che parteciparono alla rappresaglia durò ben sedici anni. Nonostante dagli atti si evinca l’estraneità ai fatti degli otto cittadini di Monticiano fucilati nel giugno del ’44, i partigiani furono assolti perché il fatto costituì“azione di guerra” “ – secondo quanto stabilito dal decreto legislativo luogotenenziale 194/1945 – e perché i fucilati potevano in buona fede essere sospettati a causa del clima da guerra civile e del trauma subito dalla comunità per l’eccidio di marzo.

I caduti dell’eccidio di Scalvaia sono ricordati con un monumento eretto all’Acqua Nera e con una lapide alla Caserma Bandini (già Lamarmora) di Siena.
Il seccatoio sul Monte Quoio dove i giovani furono sorpresi dai fascisti è stato ristrutturato e reso visitabile.

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