“LA GRANDE GUERRA A SIENA.UNO STUDIO SU ECONOMIA, POLITICA E ISTITUZIONI DAL NEUTRALISMO ALLE PROBLEMATICHE SOCIALI DEL POST CONFLITTO”
È da un simile approccio che sipuò partire per dare nuova linfa alla storiografia locale liberandola così dastudi di natura esclusivamente aneddotica ed antiquaria ed è bene che ildinamismo “civico”, sopra descritto, abbia portato a cercare nuovi filonidi ricerca che spesso si sono sviluppati in ambito interdisciplinare. Già inpassato, tra gli storici, era sorta la necessità di guardare oltre il semplicefenomeno strategico-militare, ed era apparso ineluttabile volgere lo sguar-do verso tutti quei territori che, pur non trovandosi nelle prossimità del
Nella Grande guerra ogni singolo territorio fu coinvolto dalla furiadevastatrice, non solo bellica, che il conflitto portava con sé. Per questomotivo appare significativo e storicamente rilevante analizzare la situazio-ne economico-istituzionale dell’area senese negli anni 1914-1918. Al fine dicomprendere appieno cosa significarono per la città gli anni del neutralismoe del conflitto appare ineludibile focalizzare la riflessione sulle peculiarità
Il quindicennio Giolittiano a Siena:
Si formarono leghedi resistenza anche in città in diversi settori del lavoro (commessi di com-mercio, camerieri di caffè, lavoratori del legno, calzolai, fornai, conciato-ri di pelli, vetturini e carrettieri, salariati, spazzini comunali, infermieri,muratori, manovali) e nel settembre 1901, soprattutto per impulso dellasezione senese del Sindacato operai ferrovieri, si giunse alla costituzionedella Federazione delle leghe, con funzioni di coordinamento dell’interomovimento. La crescita e la strutturazione della dimensione organizzatadel movimento a livello sindacale e politico nel senese proseguì sostanzial-mente al passo con la situazione nazionale. I ferrovieri continuarono a svol-gere un ruolo trainante nella sindacalizzazione e nella politicizzazione dellaclasse lavoratrice senese, e ancora da questa categoria partì l’iniziativa che
Nofri divenne ben presto una risorsa peril movimento operaio senese e il suo orientamento politico lontano daifacili estremismi, ne fece il perfetto interprete di una propensione caratteri-stica che il socialismo senese ripresentava con frequenza: quella alla ricercadell’alleanza elettorale con le forze democratiche, alla convergenza con glistrati più progressisti della borghesia, che lo aveva del resto già reso vincen-te all’inizio del secolo. Dopo la sconfitta socialista alle consultazioni parzialiamministrative del 1906, che registrarono tuttavia l’ingresso in Consigliocomunale del primo consigliere operaio, Antonio Ducci, falegname delleofficine ferroviarie, la vittoria elettorale tornò infatti alle elezioni politichedel 1909, che videro il PSI realizzare nuovamente l’unione con le altre for-ze democratiche, radicali e repubblicane a sostegno della candidatura diNofri, contrapposto a Falaschi, deputato uscente sostenuto dalle forze li- berali-moderate. Nofri si affermò al ballottaggio come deputato socialista,conquistando il collegio con l’appoggio delle forze popolari. Alle successive elezioni politiche del 1913 lo scontro politico risultò ra-dicalizzato su scala nazionale. Non soltanto i contrasti opponevano i di-versi schieramenti politici ma dissidi insanabili agitavano i diversi soggettidall’interno mentre i fenomeni dell’imperialismo e del nazionalismo, chefin dall’inizio del Novecento si erano nutriti di fermenti ideologico-cultura-li diversi, non solo antisocialisti, ma anche ostili al liberalismo borghese ealla democrazia, incombevano minacciosi a complicare gli scenari interna-zionali, svelando sempre più chiaramente il loro potenziale di esaltazione
Sempre nell’ottobre, «Il Dovere socialista», organo del Partito socialistariformista italiano a Siena, dava conto di giri di propaganda compiuti da
In un’altra corrispondenza da Ancaiano (Sovicille), redatta daIl Montagnolo, si dava notizia di un’adunanza svoltasi nella locale Sezione
Le consultazioni politiche del1913 fecero dunque registrare a Siena una crescente mobilitazione politicapopolare, anche le cifre lo dimostrarono: al ballottaggio votò il 72% deglielettori contro il 69,5% del primo turno e contro una media nazionaleitaliana del 60,7%. L’apporto quantitativo del voto delle campagne, nelladeterminazione del risultato finale, si configurò di una certa rilevanza. Ilsempre più intenso e capillare lavoro di propaganda e organizzazione por-tato avanti dai socialisti si era rivelato un efficace veicolo di acculturazionepolitica e di educazione civica, che proprio a partire da questa occasioneelettorale si era dimostrata in grado di giungere fino agli strati tradizional-mente più refrattari e difficilmente raggiungibili delle classi popolari: inmaniera crescente i contadini e i mezzadri dimostravano di aver intrapresoil lungo e faticoso percorso verso la loro autoemancipazione economicae morale, manifestando i primi segnali di quella determinata volontà diprendere consapevolezza dei propri diritti e dei propri interessi che pote-va sottrarli finalmente alle tutele paternalistiche di borghesi e proprietariterrieri.La mobilitazione compatta dei lavoratori a Siena tornò in occasione deifatti luttuosi di Ancona, dove il 7 giugno 1914, nel corso di alcuni comiziantimilitaristi che erano stati indetti dai partiti popolari in occasione dellaFesta dello Statuto, i carabinieri avevano sparato sui manifestanti. In unclima di crescente indignazione popolare la Confederazione Generale del Lavoro proclamò uno sciopero generale nazionale di protesta che detteluogo ad un imponente movimento popolare e ai moti a carattere insur-rezionale della cosiddetta “settimana rossa”, con epicentro nelle Marche ein Romagna che furono seguiti anch’essi da una sanguinosa repressione daparte governativa.Lo sciopero generale si svolse a Siena in tutt’altra forma: i lavoratorisenesi aderirono compatti all’iniziativa e risposero all’appello delle organiz-zazioni socialiste cittadine ma lo sciopero si svolse compostamente e senzaincidenti, tanto da passare quasi inosservato. Aderirono anche i ferrovierisenesi che bloccarono il traffico ma solo per una giornata. Dalle pagine di«Il Dovere socialista» giungeva un’esortazione rivolta al Governo: era «or-mai giunto il tempo che si uniform[asse] al progressivo movimento socialedel suo popolo» che non doveva considerarsi «soltanto come carne da ma-cello per i Mauser arabi o per i moschetti italiani».
In realtà la mobilitazione, avvenuta conun giorno di ritardo, si esaurì in una sola giornata e nonostante non avessedato luogo ad alcuna forma di insurrezione o di azione violenta, l’opinio-ne pubblica senese dovette ricavarne una qualche impressione di timore:quando infatti nello stesso mese di giugno del 1914 si tennero le elezioniamministrative per il rinnovo dell’intero consiglio comunale, le prime am-ministrative che si svolgevano con il suffragio quasi universale maschile, irisultati non furono affatto favorevoli agli schieramenti socialisti. A conten
E ancora i socialisti si rimproveravano l’apatia, di essersi fatti distrarredallo sterile dissidio di tendenze, dalle quisquiglie interne di partito mentreil risultato elettorale rivelava che occorreva «ricominciare da capo, ripren-dere la nostra propaganda tra le masse, destarci dal torpore al quale ci era-vamo abbandonati così volentieri», «acquistare la nozione esatta della realtàe correggere energicamente gli errori commessi». Di lì a poco le vicende di
Sull’altro fronte, quello del neutralismo, si collocarono oltre ai liberali giolittiani, e a una parte deicattolici, i socialisti che, in linea con le indicazioni degli organismi dirigentidel loro partito, mantennero la fedeltà ai valori dell’internazionalismo pro-letario, schierandosi per la neutralità e condannando la guerra, nella qualeindividuavano il portato della degenerazione imperialista del capitalismo in-ternazionale che esigeva lo scontro tra gli interessi economici delle varie bor-ghesie nazionali che avrebbe portato solo lutti e rovine alle classi proletarie.Con l’inizio delle ostilità i liberali che avevano il loro organo di stampane «Il Libero cittadino», attraverso la firma illustre di Armando Sapori, sipreoccuparono subito di sottolineare che l’Austria non era stata aggredita,ma aveva aggredito, per cui il trattato della Triplice Alleanza non imponevaall’Italia doveri di aiuto verso l’alleata, tanto più che l’Italia non era neppurestata avvertita dell’invio dell’ultimatum alla Serbia che quindi non era statoconcordato fra le due potenze. Sapori si diceva quasi sicuro che le compli-cazioni che sarebbero nate dall’aggressione austriaca avrebbero condotto«fino al più immane conflitto europeo» e l’Italia doveva in questa fase soloassistere vigilante al conflitto che stava per svolgersi, vigilante «con le armial piede», pronta ad intervenire e a rompere la neutralità senza compro-mettere il decoro nazionale e magari ad ottenere vantaggi dalla crisi chel’Europa stava attraversando. Chiudeva il suo articolo con un appello agliItaliani, indicando che il dovere del popolo in questa momento «il più gran-de che l’Europa attraversava da trenta anni» era quello di mantenersi unito,compatto, concorde per assicurare al Governo la tranquillità opportuna pergiudicare gli avvenimenti internazionali, trovare la forza necessaria per im-porsi ad essi e volgerli a profitto dell’Italia; ammoniva infine
Dall’altra parte favorevole all’intervento a fianco dell’Intesa vi erano poi igruppi e i partiti della sinistra democratica: i repubblicani che custodivano
Nello stesso numero delgiornale i socialisti riformisti annunciarono, con un articolo listato a lutto,
Anche Vittorio Meoni, che già aveva lasciato il PSI nel 1912,e al quale nel gennaio del 1915 venne affidata la direzione del giornale so-cialista riformista senese, sposò la causa dell’interventismo democratico edell’ingresso nel conflitto europeo per «liberare l’Italia dalle catene dellaTriplice Alleanza», abbandonando le ragioni di quell’internazionalismo so-cialista e di quel pacifismo che a lungo aveva sostenuto scrivendo su «La
Sull’opposto versante infine, a difendere con convinzione e impegnocoerente le ragioni del neutralismo rimasero a Siena i socialisti ufficiali di«La Lotta di classe» e quelli di «La Martinella» della provincia senese. Agliinizi di agosto del 1914, non appena giunse notizia dell’apertura del con-flitto, la Direzione del PSI aveva deciso la linea di opposizione risoluta allaguerra e per il mantenimento della neutralità dell’Italia nel conflitto «scate-nato dalle cupidigie balcaniche dell’imperialismo austroungarico, spalleg
Si leggeva su «La Lotta di classe».
In questa situazione di interventismo montante, che nella fragilità enelle divisioni del fronte neutralista, oltre che nell’appoggio del Gover-no trovava i suoi migliori alleati, i socialisti il 21 febbraio del 1915 furonoancora una volta capaci di organizzare una grande manifestazione per lapace che si verificò contemporaneamente in molte città d’Italia. Lo stessogiorno venne emessa un’ordinanza del presidente del Consiglio Salandrache proibiva i comizi pubblici e che trovò in seguito un’applicazione sem-pre unilaterale. A denunciare questa sospensione del diritto di riunione sipronunciarono compatti sia i socialisti riformisti che i socialisti ufficiali,memori delle battaglie di fine secolo che sui banchi del Parlamento avevavisto i socialisti custodi delle libertà statutarie, difese dall’attacco di alcunisettori della classe liberale, dimenticati dai postulati principali della lorostessa tradizione ideale. Sulle pagine di «Il Dovere socialista» si condannòdunque senza riserve l’ordinanza ministeriale dell’Onorevole Salandra cheaveva «soppresso il diritto di riunione cancellando con un tratto di pennauna guarentigia statutaria» Su «La Lotta di classe» Marino Magnani incitavaa violare il provvedimento che definiva arbitrario:
Anche il «Dovere socialista» aveva cessato le pubblicazioni il 26 giugno 1915 per lo stesso motivo.I socialisti si attennero fedelmente alle parole d’ordine «né aderire né sabo-tare» rivolte dal segretario socialista Costantino Lazzari a intervento ormai
I socialisti avevano cercato di cavalcare la protesta giocando sul fatto che i mez-zadri erano, da secoli, la parte perdente di un antiquato patto societario.I possidenti della provincia però avevano saputo sfruttare lo sciopero perinnovare alcuni aspetti del contratto che, pur mantenendosi arcaico nelleprocedure, ne era uscito rinnovato nelle tecniche ponendosi in linea cosìcon le nuove tendenze economiche dell’area. Come ben ha detto Bertini viera stato un cambio significativo all’interno del mondo mezzadrile, per cuisi era passati dalla chiusura del rapporto padrone-colono ad uno maggior-mente aperto al dialogo con tutte le realtà economiche provinciali.

Come si può notare dal grafico 1 gli opifici presenti nella provincia era-no molto pochi e la maggior parte era legata comunque al settore agricolo.In quest’analisi si coglie anche l’importanza del settore minerario per la
La difficoltà maggiore a cui le istituzioni dovevano far fronte era quellarelativa all’invio di merci e generi alimentari per il fabbisogno dell’esercito.Questo finiva per impoverire sensibilmente un territorio che, incentratoprevalentemente attorno al sistema mezzadrile, dovette sopportare sforzi ingenti per garantire il funzionamento dell’economia.
Il prelevamen-to forzato di prodotti come il fieno, che serviva per gli animali da lavoro,mise in crisi il ciclo produttivo alimentando nelle campagne forti disordini. Anche la vendita delle carni, quelle che non venivano inviate al fronte, furidotta a solo pochi giorni a settimana. Il grafico 2 spiega molto bene lasituazione. Il prezzo del grano crebbe in modo esponenziale tra il 1914 e il1915 e questo portò la commissione provinciale ad intervenire per regolareil prezzo del cereale. Difficoltoso fu individuare politiche che fossero appli-cate in tutti i comuni della provincia per evitare prezzi più bassi di quantostabilito e al fine di evitare disordini.Come abbiamo visto precedentemente il sistema mezzadrile, che si ba-sava su un’agricoltura estensiva, fu messo a dura prova dagli ingenti sfor
Queste erano le problematiche che il fronte interno portava con sé eche la macchina della propaganda si impegnò alacremente a nascondere infavore di una vittoria finale, che non si sapeva se e quando sarebbe arrivata.Già prima dell’entrata in guerra dell’Italia, a Siena era sorto il Comitatoper la preparazione civile che avrebbe dovuto coordinare tutte le attivitàdi beneficienza e assieme alle autorità preposte si sarebbe dovuto occuparedel sostegno alla popolazione. Le operazioni a sostegno della Guerra diven-nero “totalizzanti”; le persone, per la prima volta, furono travolte da un’on-data propagandistica di condizionamento a sostegno dell’impresa bellicastatale che le coinvolse in ogni aspetto della quotidianità. Espressioni come«barbaro nemico» e «terre irredente» erano all’ordine del giorno ed impie-gate negli ambiti più disparati. Quest’ultimo aspetto evidenzia quanto sifosse deciso di investire sull’idea stessa di territorio, su una visione salvificae sulla necessità di un nuovo Risorgimento che andasse a completare il per-corso di unificazione nazionale.Le autorità comunali prestavano soccorso alle famiglie di coloro cheerano partiti per il fronte con contributi di cassa e con donazioni di naturafilantropica. I dipendenti pubblici ebbero un trattamento economico pri-vilegiato: inizialmente mantennero il proprio stipendio, solo quello degliufficiali fu dimezzato. Analoghe premure furono riservate anche ai dipen-denti del Monte dei Paschi e l’istituto di credito senese fu in prima lineadel fronte economico impegnandosi nel lancio di prestiti nazionali con untasso d’interesse del 5%.Le famiglie nobiliari e dell’alta borghesia senese avevano risposto conprontezza alla chiamata della patria, mostrando anche una certa propen
La vita dei ragazzi fu sconvolta e mutata a seconda delle esigenze delconflitto. All’interno dei negozi di giocattoli riproduzioni perfette di canno-ni e fucili presero ben presto il posto degli orsacchiotti e dei giochi tradizio-nali. Le aule scolastiche divennero il luogo privilegiato dove formare unagenerazione pronta a forgiarsi con il sangue delle battaglie; per facilitare il buon esito di questa operazione i programmi didattici furono riadattati per
Mentre molti dei problemi di oggi cesseranno di esistere col cessare dellaguerra, quello dell’assistenza a coloro che hanno per essa perduto il sostegno el’affetto paterno, persuaderà per altri anni ancora in tutta la sua importanza eticae sociale. Lo stesso ministero di P.I. ha favorito perciò a che accanto degli altrie maggiori comitati di assistenza per gli orfani, ne sorgesse in molte città pureuno fra gli studenti secondari. Anche a Siena si è costituito un tale comitato. Ilquale iniziò la propria attività con la lettura fatta dall’egregio prof. Frittelli delpoema del sangue, delle lagrime e della gloria che vinsero Gorizia, e si presenta
La guerra per l’Italia finì il 3 novembre del 1918 con la firma dell’armi-stizio e con la cessazione delle ostilità il 4. Quel giorno il generale Diaz, for-te del suo successo, si rivolgeva così all’Austria-Ungheria: «I resti di quelloche fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senzasperanze le valli che avevano disceso con orgogliosa sicurezza». La vittoriaitaliana giungeva un anno dopo la disfatta di Caporetto e il successivo pas-saggio di consegne tra Cadorna e Diaz alla guida del regio esercito. Dopo la






