Palio di Siena: La psicologia del Palio e delle Contrade di Siena

Prima di vedere i singoli momenti della festa, bisogna capire perché il Palio è sempre al centro dell’attenzione dei senesi. Non essendo né un sociologo né un antropologo, eviterò spiegazioni troppo approfondite, sebbene il terreno sia assai stimolante. Cercherò soprattutto di dare una chiave di lettura, senza la quale questa bellissima tradizione può facilmente esser ritenuta uno spettacolo per turisti. Per altre informazioni è disponibile una pagina sulla storia della Repubblica di Siena.

La storia del Palio affonda le proprie radici nel XIII secolo. In questo periodo, c’era una continua rivalità tra Firenze, guelfa, e Siena, ghibellina. La guerra culminò con la celebre battaglia di Montaperti (4 settembre 1260), citata nel canto X dell’Inferno di Dante (il canto di Farinata degli Uberti), in cui Siena trionfò su Firenze. A quel tempo quindi la città di Siena era capace di tenere testa a Firenze sia culturalmente1 che militarmente. Lasciamo stare il fatto che la battaglia di Montaperti segnò l’apice della potenza di Siena nel panorama geopolitico del tempo. Non è questo il luogo per discutere sui “topos” della storiografia e sui suoi metodi di divulgazione talvolta assai semplicistici. È abbastanza palese come l’apoteosi della battaglia di Montaperti trovi risvolto nella glorificazione di un periodo, quello comunale, in cui le alleanze politiche avevano un peso relativamente significativo. L’isolamento, sia fisico che politico, sembrava essere a quel tempo la chiave di volta per assicurare alla popolazione del proprio Comune un futuro prospero. Da ciò nacque l’esigenza di innalzare generalmente cinte murarie mastodontiche a difesa dell’incolumità e della salute della popolazione nei confronti di virus e batteri che a quel tempo parevano diffondersi a velocità stratosferiche (basta ricordare la tremenda epidemia di peste bubbonica del 1348 citata da Boccaccio nel Decamerone).

Nell’ambito del nostro discorso sul Palio però ci interessa sottolineare che per qualche tempo il destino della storia italiana fu in bilico tra l’assurgere Siena a capo tra i liberi comuni del centro Italia a danno di Firenze. È solo con l’avvento del XIV secolo che la stella politica e culturale di Firenze si innalzò nel cielo del Rinascimento italiano e andò ad oscurare l’economia di Siena, che restò pur sempre ricca, ma non più al centro della scena politica internazionale. È difficile spiegare per quale ragione Firenze ebbe lentamente, ma inesorabilmente, il sopravvento su Siena. In questa sede azzardo una mia personalissima teoria: Siena, essendo ghibellina, e quindi contro il Papa, non ebbe l’appoggio della Francia, appoggio che ebbe invece Firenze, che risultò vincitrice proprio grazie a questa alleanza. Peccato davvero, perché il dominio vero e proprio della “ghibellinità” venne soltanto circa duecentosettanta anni dopo la battaglia di Montaperti, nel 1530 con la cacciata dei Medici da Firenze: fu il definitivo declino di Firenze, cominciato con la morte di Lorenzo il Magnifico nel 1492 e seguito da un periodo di forte instabilità. La famiglia dei Medici non aveva rappresentanti in grado di governare come aveva fatto il predecessore e questo vuoto di potere culminò con la calata precauzionale in Italia nel 1494 da parte di Carlo VIII, re di Francia, che si adoperò per scongiurare colpi di mano rivoluzionari e per rimettere sul trono un membro fantoccio della famiglia dei Medici, sua fedelissima alleata. Ma anche Carlo VIII ebbe i suoi problemi: un frate di nome Girolamo Savonarola aveva costituito a Firenze un governo retto da otto saggi che, caratterizzato da un rigido codice morale e utilizzando il pugno di ferro, voleva far tornare Firenze e la sua Signoria ai principi della religione, dopo i lazzi dell’epoca di Lorenzo (che, come si ricorderà, scriveva molto laicamente: “chi vuol essere lieto sia, del doman non v’è certezza…”, fondamentalmente un inno a non pensare al domani, quindi un’implicita negazione dell’aldilà, con tutto ciò che ne conseguiva). Grazie alle trame politiche del re di Francia e alle amicizie dei Medici presso il Papa Alessandro VI, Savonarola fu incriminato per eresia e giustiziato nel 1498 (con evidenti raggiri riconosciuti dallo stesso Nicolò Machiavelli che, come ben noto, approvava tali pratiche come il male minore per dare stabilità politica alla sua città).

Anche il trionfo in Italia della ghibellinità (o meglio, di ciò che di essa restava ormai a quel tempo), avvenuto con la “calata dei Lanzi” nel 1530 ad opera di Carlo V, re di Spagna e neo-imperatore del Sacro Romano Impero della Nazione Germanica e dei suoi celebri Landsknechte, quelli che furono chiamati con un calco interessante dal punto di vista linguistico i “lanzichenecchi”, non costituì l’ultima delle invasioni che attendeva il nostro paese. Di lì a poco sarebbero venuti gli spagnoli, poi sarebbero tornati i francesi e in seguito si sarebbero fatti vivi pure gli austriaci, ma queste sono altre storie…

L’età d’oro della Repubblica Senese, stato indipendente che comprendeva buona parte della Toscana meridionale, finì definitivamente nel 1555 quando, dopo l’assedio dell’esercito fiorentino e spagnolo, Siena divenne una piccola città del rinato Granducato Mediceo (con un’influenza assai minore rispetto al passato sullo scenario politico nazionale, dovuto essenzialmente alla scarsa caratura dei rappresentanti della famiglia). È molto probabile che la caduta della Repubblica abbia fatto spostare l’attenzione generale dal mondo esterno a quello interno: non avendo più nessuna influenza sulla politica, i senesi si chiusero dentro le mura e volsero i loro interessi principali alle Contrade, “stati nello stato”.

Il fatto che le Contrade diventassero protagoniste del Palio appunto in questo periodo, può essere spiegato con l’esigenza di mantenere vivo il ricordo della passata libertà e grandezza. La corsa era un’ottima occasione per far vedere la loro forza e serviva a risentire almeno per un giorno il potere e l’autonomia di un tempo. I Palii organizzati dalle Contrade erano sempre corsi “alla tonda”, cioè in un vero e proprio circuito cittadino, che era poi la piazza principale: Il Campo. Probabilmente oltre al motivo pratico, per cui in questo modo si poteva seguire con attenzione tutta la Carriera, aveva importanza anche il luogo stesso della corsa, che era già allora il punto più interno, più intimo della città. Inoltre, la processione delle Contrade che originariamente precedeva il Palio “alla lunga” (cioè su un percorso che si snodava all’interno della città a mo’ di serpentone), nel corso dei secoli si è trasformata in corteo storico intorno alla Piazza. Il corteo, chiamato anche “passeggiata storica” dai senesi, non è altro che la dimostrazione dell’antica grandezza di Siena: basti pensare al gruppo dei vessilliferi, rappresentanti le città, paesi e castelli della Repubblica Senese. Il simbolo più evidente dell’orgoglio militare è il carro di trionfo: può esser collegato alla battaglia di Montaperti, in cui i senesi vittoriosi catturarono perfino il carroccio dei fiorentini.

Il ricordo della battaglia di Montaperti, così come la storica rivalità con Firenze, servono anche a spiegare l’impettito orgoglio che caratterizza Siena e i suoi abitanti. Firenze è una città medievale rivestita dalle ricchezze del Rinascimento. Forse, nell’immagine complessiva, prevale il rivestimento patinato dovuto ai banchieri e ai grandi mercanti. Siena resta invece medievale e quasi immobilizzata nel tempo. Prendiamo due esempi architettonici: Palazzo Sansedoni in Piazza del Campo è un palazzo ottocentesco rifatto con lo stile del Quattrocento. Lo avreste mai detto? Anche il celeberrimo Palazzo Chigi-Saracini è un palazzo costruito nel Cinquecento, quando il Medioevo era già tramontato, ma evidentemente i senesi già allora andavano alla ricerca del tempo perduto! A Siena si hanno momenti perfetti in cui il passato più lontano risale a galla fino a noi, confondendosi col presente.

Generalmente i senesi sono molto orgogliosi della loro diversità rispetto ai sempiterni rivali fiorentini. E queste puntualizzazioni, che potrebbero sembrare capziose soprattutto per chi non è toscano, si rivelano invece azzeccatissime. I senesi si considerano per certi versi cittadini antitetici rispetto al rapporto che i fiorentini hanno con la loro città. Questa antitesi ha qualcosa di vero, non solo perché nella storia di Siena si ritrova una tendenza libertaria più acuta (attenuata a Firenze dal “Principato” – che di fatto era una dittatura mascherata – e dagli interessi economici che gli giravano attorno). Una differenza fondamentale tra Firenze e Siena sta nella loro divisione del popolo: Firenze fu sempre divisa in corporazioni e in arti (quelle che oggi si chiamano albi e ordini professionali), in questo seguendo maggiormente le spinte economiche della città. Le categorie di persone erano associate tra di loro senza nessun riguardo alla nascita in questo o quel quartiere. La divisione fondamentale di Siena fu invece dettata sempre da fattori topografici, che dettero luogo alle Contrade. È verosimile, come molti libri di storia paliesca riportano, che vi fosse una certa amalgama sociale nelle Contrade: abbiamo così la categoria dei notai nella Contrada dell’Aquila, i banchieri in quella del Drago, gli orafi in quella del Leocorno, i tintori in quella dell’Oca e via dicendo. Ma l’attaccamento alla Contrada non ebbe mai un’origine ricollegabile agli interessi, per non parlare di politica. Fu invece sempre dettato da funzioni di mutuo soccorso e di solidarietà riconducibile alla funzione delle Compagnie laicali, che erano enti assistenziali di cui si ha notizia fin dal 1200 e che avevano, tra gli altri compiti, quello di fornire assistenza ai pellegrini in transito sulla Via Francigena e diretti a Roma nei luoghi di preghiera del culto cristiano. Il passo tra i compiti assistenziali delle Compagnie laicali e quelli delle Contrade è piuttosto breve, specie in un’epoca in cui le epidemie compivano vere e proprie decimazioni della popolazione. La Contrada divenne così un guscio sotto il quale ci si poteva riparare dalle intemperie della vita. Forse non è un caso che due tra le prime Contrade di cui si ha notizia a Siena siano proprio quelle della Tartuca e della Chiocciola, due animali che fanno del loro guscio la propria arma migliore. I primi documenti ne attestano l’esistenza già intorno al 1270, cioè all’indomani della battaglia di Montaperti. In questa sede, spero che lo si evinca dal contesto del ragionamento, non è di rilievo stabilire quale sia stata la prima Contrada a nascere. È invece importantissimo sottolineare lo spirito e la ragione che ne decretò lo sviluppo su base solidaristica. L’appartenenza alla Contrada dipese fin da subito da parametri prenatali dei genitori. Insomma, lo spirito di Contrada (e ancora oggi è così), non fu mai pensiero dettato da interesse, ma passione contratta con il semplice venire al mondo.

Sebbene quanto detto finora spieghi le origini della Contrada, intesa come istituzione corporativo-assistenziale tra liberi cittadini di uno dei tanti Comuni italiani del Duecento, occorre analizzare un altro aspetto che di nuovo si ricollega al periodo della battaglia di Montaperti. Le Contrade furono probabilmente il risultato dell’accorpamento in tempo di pace di istituzioni che dovevano funzionare in tempo di guerra: le cosiddette Compagnie militari. Le unità combattenti dei diversi rioni dovevano essere in grado di essere operative in tempi brevissimi. La storia stessa della battaglia di Montaperti ci insegna che l’esercito senese, composto appunto dalle Compagnie militari rionali, dovette praticamente essere allestito in una quindicina di giorni. A prescindere dal fatto che i senesi in quella battaglia riuscirono a vincere, la lezione non passò sotto silenzio. L’esercito cittadino doveva essere pronto in qualsiasi condizione a difendere la città dagli attacchi esterni. Senza scendere nei dettagli di strategia militare, posso suggerire a chi si appassiona di questi temi un libro, senza il timore di fare pubblicità gratuita, che anzi, in presenza di lavori meritevoli, è dovuta: Mario Venturi, “Montaperti”, Scramasax Edizioni, Firenze, 2000.

Le Contrade nacquero in un’epoca in cui la duplice esigenza di proteggere la comunità dei cittadini nei periodi di pace e di guerra era fondamentale. La storia di Siena non è in questo molto differente da quella di altri liberi Comuni dell’Italia medievale. È altresì vero come numerose manifestazioni rievocative della gloria comunale esistessero già in epoca cinquecentesca in altre città italiane. Anzi, alcune di esse nacquero proprio in quel periodo e, tanto per restare in Toscana, basterà citare il Calcio Storico fiorentino, che iniziò a quel tempo le sue celebrazioni (all’epoca si chiamava “Pallonata”). Tutto ciò, tuttavia, non ci aiuta a capire il “fenomeno” Palio. Anzi, il quadro generale si complica, e non di poco. Perché a Siena la tradizione del Palio, iniziata anch’essa nel Cinquecento, non ebbe mai a tramontare? Basta forse affermare (con semplicismo storico-antropologico) che i senesi si sono dimostrati essere nei secoli un popolo godereccio e festaiolo? Purtroppo moltissime analisi del Palio dicono questo. Si spiega con l’istinto libertario senese (che pure è storicamente innegabile) la perpetuazione di un “fenomeno” che non ha eguali al mondo. Si pensi solo, a tale proposito, che in mezzo a tante manifestazioni rievocative quali la Giostra del Saracino ad Arezzo, la Passeggiata dei Ceri a Gubbio, il Gioco del Ponte a Pisa e tante altre ancora, Siena è la sola città in Italia (e forse al mondo) dove i cittadini ricchi donano patrimoni cospicui e i poveri i loro piccoli risparmi per far vincere alla propria Contrada un drappo di seta!!!

L’avversione al mondo esterno a Siena è una delle caratteristiche più importanti del pensiero cittadino. Per i motivi storici soprannominati, i senesi conservano gelosamente le loro tradizioni e non lasciano che i turisti influenzino il loro modo di vivere. Siccome Siena è un importante centro turistico è sempre piena di forestieri che sono guardati quasi con indifferenza. L’ospitalità dei senesi si limita alla cortesia, rifiutando l’accesso al loro mondo intimo. I turisti che arrivano per vedere il Palio pensano che questo sia una festa popolare e molto spesso comunicano i loro giudizi personali, commettendo errori imperdonabili: soprattutto nei quattro giorni di Palio, i senesi sono molto suscettibili e può darsi che reagiscano perfino con violenza se un turista non parla con rispetto della Festa. Per dare un’idea di ciò gli uomini senesi mettono in guardia i giovani extramoenia (così sono chiamati i forestieri) sul fatto che nei quattro giorni di Palio la Piazza del Campo è un territorio al di fuori della giurisdizione delle Forze dell’Ordine. In altre parole per un cazzotto dato in Piazza del Campo non arriva nessun carabiniere o poliziotto. A prima vista questa concezione potrebbe sembrare arcaica, in realtà ciò avviene da una parte perché le scazzottate per motivi di Palio sono relativamente frequenti, in secondo luogo perché le Forze dell’Ordine rischierebbero di essere coinvolte a loro volta in questioni al di là delle loro competenze!!!

Attenzione, quindi: se chiedendo informazioni sul Palio ad un senese notate facce strane e accigliate, cercate di non insistere. Probabilmente, senza esservene accorti, avrete toccato dei tasti dolenti o argomenti di cui un extramoenia non ha facoltà di venire a conoscenza. La conseguenza di ciò potrebbe essere una risposta evasiva e a mezza bocca.

A differenza delle altre città, le cui feste occupano una piccola parte nella vita degli abitanti, il Palio è la stessa vita dei senesi, tanto che a Siena il tempo stesso è misurato attraverso i singoli cicli della Festa: spesso capita di sentire frasi come: “mi sposai l’anno che vinse l’Oca” o “terminai l’università quando vinse il Drago”. Si parla spesso delle Carriere del passato e molti sapranno anche dire quanti giorni mancano al prossimo Palio. Per spiegare meglio la complessità del carattere dei senesi dobbiamo esaminare quella particolare organizzazione sociale-territoriale che è la Contrada. Gli appartenenti a ciascuna delle diciassette Contrade, oltre ad essere senesi, sono contradaioli. Ogni Contrada ha il proprio territorio, i propri simboli e colori; ogni Contrada ha una piccola chiesa, l’oratorio, un Santo o una Santa patrona, un fonte battesimale dove una volta all’anno, la domenica della Festa Titolare, si compie il rito del battesimo contradaiolo (laico) dei bambini e di coloro che si riconoscano nei valori e nella comunità contradaiola. Ogni Contrada ha un piccolo patrimonio immobiliare (che si arricchisce anche con le donazioni post mortem dei contradaioli senza eredi), un museo con annessi beni culturali, una strada o piazza principale dove nei giorni di Palio si svolgono cene all’aperto (i cosiddetti cenini) per raccogliere fondi e cementare lo spirito di Contrada; ogni popolo è governato da un Seggio presieduto dal Priore, il quale è coadiuvato da una serie di collaboratori che possono tranquillamente essere paragonati a ministri, attivi nei vari settori dell’amministrazione pubblica dei beni contradaioli. Potrebbe sembrare banale sottolinearlo, ma il bilancio economico di una qualsiasi Contrada non ha nulla da invidiare a quelli di aziende di ragguardevoli dimensioni, sebbene per Statuto (promulgato nell’Ottocento dal Re Umberto I di Savoia, ricordato per questo in quasi tutti gli stemmi) tutte le Contrade sono enti morali di diritto canonico (equiparate quindi pressappoco alle odierne ONLUS) e usufruiscono di benefici fiscali non indifferenti. Giustamente, peraltro, poiché la funzione della Contrada può anche arrivare ad aiutare economicamente famiglie poco abbienti o anziani bisognosi di assistenza domiciliare. Il Seggio viene eletto dai contradaioli in assemblea plenaria, generalmente (ma non sempre) con cadenza biennale; ogni Contrada ha una Società, alla quale è annesso un circolo ricreativo culturale che organizza varie iniziative, anche lùdiche: si va dalle tombole natalizie, alle corse nei sacchi per i bambini, alle gite, che so io, a Parigi.Tutte le Contrade hanno un gruppo autonomo di donatori di sangue (a sottolineare, seppur solo simbolicamente il vincolo di “consanguineità” dei contradaioli); anzi, proprio per quanto riguarda i gruppi dei donatori di sangue di Contrada, a Siena si raccontano sempre con grande passione le storie di gruppi di contradaioli che, nel bisogno, si sono prodigati per donare sangue perfino a membri della Contrada avversaria. All’interno delle Società di Contrada, inoltre, ci sono i gruppi degli anziani, i gruppi femminili e i gruppi dei “cittini”, cioè i bambini. Ci sono corsi di cucito per le femminucce, mentre i maschietti imparano a suonare il tamburo e a sventolare le bandiere durante le colonie estive organizzate dalla Contrada. Solo pochissimi diventeranno provetti tamburini e abili sbandieratori, ma va bene lo stesso: a Siena, uno dei primi giochi per i bimbi è sbandierare sotto casa.

A proposito: a Siena c’è uno dei tassi di criminalità più bassi in Italia, una cosa che si spiega anche con la coesione sociale rappresentata dal vincolo contradaiolo. Ci sono anche le cene di ritrovo: non solo nei quattro giorni di Palio se la Contrada corre in Piazza, ma anche e soprattutto per la Festa Titolare del Santo o della Santa della Contrada, a cui viene dedicato un fine settimana di festeggiamenti. Insomma, la Contrada è come una piccola città dentro la città. La Contrada è sempre presente in ogni occasione importante della vita, dalla nascita fino alla morte e funziona come un piccolo Stato e allo stesso tempo come una grande famiglia.

I senesi sono fieri di appartenere alla loro Contrada e non ad un’altra: otto Contrade hanno un titolo supplementare che è un motivo in più per i loro appartenenti per essere orgogliosi di farne parte. Si insegna l’amore per la propria Contrada fin dall’infanzia: insieme al nome, il bambino impara anche quello del rione ed i primi colori ad essere riconosciuti saranno quelli della bandiera della Contrada. Ogni contradaiolo si sente “più senese” rispetto ai membri delle altre Contrade e questo è ancora più vero nei giorni del Palio. È infatti attraverso la Contrada che i senesi partecipano al Palio: la forza motrice della Carriera è appunto la rivalità. Il rapporto tra le singole Contrade (dette Consorelle) è in genere basato su un grande rispetto reciproco, anche se, ovviamente, nei giorni del Palio, ognuna pensa ai propri interessi e di conseguenza vede in tutte le altre un’avversaria da dover superare. Capita però che in alcuni casi, per vari motivi, tra due Contrade ci sia o un particolare legame di amicizia o una radicata avversità.

Le alleanze risalgono molto indietro nel tempo, ma il livello di amicizia è molto variabile. Infatti, può succedere che una Contrada alleata non lo sia più o addirittura diventi avversaria, dopo un Palio discusso. Ad esempio, durante la decisione delle monte del Palio dell’Assunta del 2002 si è verificato un incidente diplomatico tra le Contrade della Chiocciola e quella del Bruco, alleate storiche. Il motivo di ciò risiedeva nel fatto che un fantino legato strettamente da vincoli contrattuali alla Contrada del Bruco (Luigi Bruschelli, detto Trecciolino) è stato dato in prestito alla Contrada avversaria storica della Chiocciola, la Tartuca, che poi ha vinto in piazza. Il risultato di ciò è stato che poco tempo dopo questo inconveniente ha portato allo scioglimento dell’alleanza. La nuova situazione può essere provvisoria, ma può anche durare più anni. Quello che decide la relazione di una Contrada con un’altra è il suo comportamento durante la Carriera e nei giorni precedenti, quando si cerca di prendere accordi. Un’alleata può essere di grosso aiuto nell’impedire la vittoria dell’avversaria, ma naturalmente nessuna Contrada si lascerà sfuggire l’occasione di vincere solo per aiutarne un’altra.

Basandosi su un’analisi storica è facilmente osservabile che le inimicizie sono nate quasi sempre tra due Contrade confinanti. Ciò dipese in gran parte da dispute dovute al territorio di Contrada. La prima regola base è che le inimicizie sono (quasi) sempre reciproche. Attualmente esiste una piccola anomalia a questa regola, rappresentata dal controverso rapporto esistente tra Onda e Torre, anch’esse Contrade confinanti, situate dietro a Piazza del Campo: un rapporto controverso, il loro, per cui la diplomazia della prima dichiara di essere avversaria della seconda, senza che avvenga il contrario da parte dei dirigenti della Torre. L’altra regola base è che la Contrada con cui non si intrattengono rapporti ufficiali non la si chiama mai nemica, bensì sempre avversaria. Nel corso della storia del Palio, solo in pochi casi è successo che inimicizie ufficiali siano state ricomposte: infatti, i rapporti ostili sono molto più stabili delle alleanze. La rivalità tra Chiocciola e Tartuca sembra risalire ad una disputa sull’assegnazione dei cavalli nel 1686, mentre l’Oca e la Torre erano avversarie già nel 1671. A differenza dei rapporti di alleanza, di cui una Contrada può averne anche tre o quattro, di avversaria ce ne è solo una. L’unica eccezione è la Torre che ha due Contrade avversarie: l’Oca e l’Onda, anche se abbiamo detto in precedenza che la Torre riconosce come avversaria solo l’Oca. Ci sono inoltre quattro Contrade che non hanno un’avversaria: il Bruco, il Drago, la Giraffa e la Selva. Il quadro delle inimicizie è così composto:

L’avversione per la Contrada avversaria è un sentimento molto forte nei contradaioli. I secondi colori che il bambino impara a riconoscere dopo i colori della propria Contrada sono quelli dell’avversaria. In genere in famiglia il mostrare il fazzoletto della propria Contrada al bambino nella culla è sempre accompagnato da parole vellutate e dolci. Solo un po’ più tardi (diciamo, tanto per capirci, verso i tre, quattro anni) si comincia ad inculcare al bambino l'”odio” per la Contrada avversaria. Cominciamo a sgombrare il campo dai pregiudizi: si tratta di un odio non distruttivo. Anche perché il bambino senese che cresce si accorge ben presto che sull’altro versante altri bambini sono cresciuti con dogmi esattamente contrari e ribaltati ai danni della propria Contrada. Se inizialmente ciò può provocare un certo disorientamento, è anche vero che si impara presto a rispettare il nemico: una lezione che potrebbe essere un alto insegnamento in altri contesti ben più seri che non quelli tutto sommato lùdici del Palio.

Ovviamente il quadro generale si complica parecchio in seguito agli svariati incroci di alleanze e inimicizie. Facciamo esempi concreti: Aquila e Pantera sono acèrrime avversarie2, ma la Civetta è alleata di entrambe. La Pantera è alleata della Civetta, ma anche del Leocorno, quest’ultime avversarie storiche. Stessa cosa accade tra Chiocciola e Tartuca, dove tra le due si inserisce la Contrada della Selva, alleata di entrambe. L’Onda è alleata allo stesso tempo del Nicchio e del Valdimontone, altre due acèrrime avversarie. Talvolta il ruolo di questi incroci si rivela decisivo, perché come si suol dire… tra i due litiganti, il terzo gode. Altre volte ancora, invece, la Contrada che funge da terza incomoda può operare al livello diplomatico per fare opera da paciere. Insomma le combinazioni sono veramente infinite se si pensa che le Contrade sono diciassette, ognuna di esse ha da una a quattro Contrade alleate e tredici di esse hanno una Contrada avversaria. Pensate sia finito tutto qui? Neanche per sogno. Queste alleanze e inimicizie sono quelle ufficiali. Risultano però anche altri tipi di rapporto intermedio che non sono delle vere alleanze, né inimicizie, ma che lo potrebbero diventare in futuro a seconda di come si evolveranno i rapporti tra i dirigenti e le diplomazie delle Contrade coinvolte.

I senesi che si incontrano fuori da Siena si chiedono subito di quale Contrada sono, perché questo può influenzare anche il loro rapporto personale. Provate adesso a pensare a due senesi che si incontrino fuori da Siena e appartenenti a due Contrade avversarie. I rapporti come saranno? Dipende. Se non sono costretti dalle circostanze ad avere a che fare l’uno con l’altro è molto probabile che si ignorino e si evitino. Altrimenti cercheranno di sopportarsi cercando ovviamente di non parlare né di Siena, né del Palio, che per un senese doc sono sinonimi. E a Siena, in città, nella vita di tutti i giorni come vanno le cose? Durante l’anno con una persona della Contrada avversaria ci si comporta generalmente in modo cortese, ma ci si limita ai discorsi inevitabili e, soprattutto, non si parla di Palio. Nei rarissimi casi che vi sia amicizia o magari matrimonio tra membri di Contrade avversarie durante i giorni del Palio le due persone si dividono quasi certamente. E i figli di una coppia in cui marito e moglie sono di due Contrade avversarie? Anche qui dipende da caso a caso, posso però raccontare di aver conosciuto recentemente una signora dell’Oca sposata a un uomo della Torre, che mi spiegava che in Società i cittini ce li porta lei, per cui lei li porta nell’Oca, punto e basta…

Il periodo del Palio, soprattutto i febbricitanti giorni che lo precedono, costituiscono lo sfogo emotivo per tutti i rapporti di amicizia e avversità intrecciati tra le Contrade. Lo spirito competitivo non si concentrerebbe tutto nel Palio se esso fosse solo una corsa di cavalli. Ecco la spiegazione che vuole nei giorni precedenti alla Carriera l’accordo preventivo con altre Consorelle per stabilire la vittoria “a tavolino”. Questa condotta è ammessa, perché il Palio è la rievocazione dello stato di guerra e come tale in esso si tessono le trame politiche e diplomatiche dei diciassette popoli. Ad aiutare in questo la dirigenza della Contrada, scende in campo nei giorni del Palio un Capitano, vero e proprio Duce che, pur in sintonia con il Priore, non ha nessun vincolo nelle strategie da tessere se non quello economico con il quale onorare gli impegni presi con i pari grado delle altre Consorelle. Il Capitano è coadiuvato nella funzione diplomatica e strategica da altri collaboratori detti Mangini, che possono variare di numero da due a quattro. I contradaioli assistono insieme ai vari eventi che precedono la Carriera, cantando i canti che inneggiano il proprio rione e quelli contro l’avversaria. Può darsi che dopo una prova o, più spesso, dopo la corsa, scoppi una rissa tra due Contrade avversarie e che voli qualche cazzotto: questi scontri però non sono mai battaglie sanguinose e non avvengono mai senza motivo. Si narrano storie in cui i partecipanti a una scazzottata si sono fermati per un attimo per cercare l’anello nuziale, perso da uno di loro. E una volta ritrovato l’anello la scazzottata è ricominciata. Io non ho ragione di dubitare che gli aneddoti raccontati sui libri siano falsi: magari vengono un po’ romanzati dalla consueta voglia di tutti i toscani di teatralizzare gli avvenimenti della vita, ma sono sicuro che certe cose sono veramente avvenute e che tutte queste leggende non trasudano odio e violenza. Le scazzottate finiscono la notte della Carriera: il giorno dopo per sedici Contrade ricomincia gradualmente la vita normale, mentre la Contrada vittoriosa continua a festeggiare senza sosta, fino all’apoteosi della “Cena della Vittoria” in cui il cavallo vincitore siederà a capotavola mangiando insieme a tutti i contradaioli che gli parleranno e ci scherzeranno insieme.

1 Si ricorda che qualche decennio dopo, all’inizio del Trecento, sono attivi a Siena Simone Martini e Duccio di Buoninsegna, mentre nello stesso periodo a Firenze le avvisaglie in campo pittorico sono ben lungi dal produrre i geni che produrranno in seguito (Masaccio arriverà addirittura cento anni dopo!!). A tale scopo è interessante notare che proprio a partire dalla seconda metà del Duecento la pittura senese gode dei suoi maggiori splendori, mentre a Firenze l’unica tra le arti maggiori che esprime grandi talenti è l’architettura, con Arnolfo di Cambio. Il che non ci esime dal sospettare che la tradizione culturale di Firenze sia in quel periodo notevolmente inferiore a quella senese che si concentra sulla pittura, già allora considerata come arte meno terrigna e più sublime rispetto all’architettura urbana. Ciò nonostante Arnolfo di Cambio viene assoldato qualche anno dopo dai senesi per dirigere i lavori di costruzione della celebre Torre del Mangia del Palazzo Comunale (per rivaleggiare coi fiorentini, i senesi decidono di commissionarla allo stesso architetto che ha costruito Palazzo Vecchio di Firenze e decidono di costruirla un po’ più snella di questa e, ovviamente, di qualche metro più alta).

2 Aquila e Pantera sono state Contrade alleate per quasi trecento anni, pur essendo confinanti e, quindi, a rischio di conflitti. Solo alla metà nel Novecento divennero d’un colpo da Contrade alleate a Contrade avversarie. Di solito l’interruzione dei rapporti è graduale e stupisce che si sia verificato un così repentino cambiamento. Lo “sgarro” (mi si perdoni in questa sede il termine) deve essere stato davvero grande, tuttavia non è facile indagare su questo fatto, un po’ perché i libri non parlano esplicitamente delle inimicizie, giacché si tratta sempre di rapporti in divenire e, quindi, passibili di risoluzione e riappacificazione, un po’ perché, paradossalmente, è passato troppo poco tempo e gli anziani ancora in vita non si scuciono la bocca in proposito.

Fonte: https://digilander.libero.it/

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