Italia: Gli impegni del Presidente Meloni fino ieri 26/04

78° Anniversario della Liberazione, il Presidente Meloni all’Altare della Patria

Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha partecipato alla cerimonia di deposizione di una corona d’alloro da parte del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione del 78° Anniversario della Liberazione.

Caro direttore,
oggi l’Italia celebra l’anniversario della Liberazione. Io stessa lo farò accompagnando il presidente della Repubblica Mattarella nella tradizionale cerimonia di deposizione di una corona di alloro all’Altare della Patria, mentre i ministri del governo parteciperanno alle altre celebrazioni istituzionali previste.

Nel mio primo 25 Aprile da presidente del Consiglio, affido alle colonne del Corriere alcune riflessioni che mi auguro possano contribuire a fare di questa ricorrenza un momento di ritrovata concordia nazionale nel quale la celebrazione della nostra ritrovata libertà ci aiuti a comprendere e rafforzare il ruolo dell’Italia nel mondo come imprescindibile baluardo di democrazia. E lo faccio con la serenità di chi queste riflessioni le ha viste maturare compiutamente tra le fila della propria parte politica ormai 30 anni fa, senza mai discostarsene nei lunghi anni di impegno politico e istituzionale. Da molti anni infatti, e come ogni osservatore onesto riconosce, i partiti che rappresentano la destra in Parlamento hanno dichiarato la loro incompatibilità con qualsiasi nostalgia del fascismo.

Il 25 Aprile 1945 segna evidentemente uno spartiacque per l’Italia: la fine della Seconda guerra mondiale, dell’occupazione nazista, del Ventennio fascista, delle persecuzioni anti ebraiche, dei bombardamenti e di molti altri lutti e privazioni che hanno afflitto per lungo tempo la nostra comunità nazionale. Purtroppo, la stessa data non segnò anche la fine della sanguinosa guerra civile che aveva lacerato il popolo italiano, che in alcuni territori si protrasse e divise persino singole famiglie, travolte da una spirale di odio che portò a esecuzioni sommarie anche diversi mesi dopo la fine del conflitto. Così come è doveroso ricordare che, mentre quel giorno milioni di italiani tornarono ad assaporare la libertà, per centinaia di migliaia di nostri connazionali di Istria, Fiume e Dalmazia iniziò invece una seconda ondata di eccidi e il dramma dell’esodo dalle loro terre. Ma il frutto fondamentale del 25 Aprile è stato, e rimane senza dubbio, l’affermazione dei valori democratici, che il fascismo aveva conculcato e che ritroviamo scolpiti nella Costituzione repubblicana.

Da quel paziente negoziato volto a definire princìpi e regole della nostra nascente democrazia liberale — esito non unanimemente auspicato da tutte le componenti della Resistenza — scaturì un testo che si dava l’obiettivo di unire e non di dividere, come ha ben ricordato alcuni giorni fa su queste pagine il professor Galli della Loggia.

Nel gestire quella difficile transizione, che aveva già conosciuto un passaggio significativo con l’amnistia voluta dall’allora ministro della Giustizia Togliatti, i costituenti affidarono dunque alla forza stessa della democrazia e della sua realizzazione negli anni il compito di includere nella nuova cornice anche chi aveva combattuto tra gli sconfitti e quella maggioranza di italiani che aveva avuto verso il fascismo un atteggiamento «passivo». Specularmente, chi dal processo costituente era rimasto escluso per ovvie ragioni storiche, si impegnò a traghettare milioni di italiani nella nuova repubblica parlamentare, dando forma alla destra democratica. Una famiglia che negli anni ha saputo allargarsi, coinvolgendo tra le proprie fila anche esponenti di culture politiche, come quella cattolica o liberale, che avevano avversato il regime fascista.

È nata così una grande democrazia, solida, matura e forte, pur nelle sue tante contraddizioni, e che nel lungo Dopoguerra ha saputo resistere a minacce interne ed esterne, rendendo protagonista l’Italia nei processi di integrazione europea, occidentale e multilaterale. Una democrazia nella quale nessuno sarebbe disposto a rinunciare alle libertà guadagnate. Nella quale, cioè, libertà e democrazia sono un patrimonio per tutti, piaccia o no a chi vorrebbe che non fosse così. E questa non solo è la conquista più grande che la nostra Nazione possa vantare ma è anche l’unico, vero antidoto a qualsiasi rischio autoritario.

Per questo non comprendo le ragioni per le quali, in Italia, proprio fra coloro che si considerano i custodi di questa conquista vi sia chi ne nega allo stesso tempo l’efficacia, narrando una sorta di immaginaria divisione tra italiani compiutamente democratici e altri — presumibilmente la maggioranza a giudicare dai risultati elettorali — che pur non dichiarandolo sognerebbero in segreto un ritorno a quel passato di mancate libertà.

Capisco, invece, quale sia l’obiettivo di quanti, in preparazione di questa giornata e delle sue cerimonie, stilano la lista di chi possa e di chi non possa partecipare, secondo punteggi che nulla hanno a che fare con la storia ma molto hanno a che fare con la politica. È usare la categoria del fascismo come strumento di delegittimazione di qualsiasi avversario politico: una sorta di arma di esclusione di massa, come ha insegnato Augusto Del Noce, che per decenni ha consentito di estromettere persone, associazioni e partiti da ogni ambito di confronto, di discussione, di semplice ascolto. Un atteggiamento talmente strumentale che negli anni, durante le celebrazioni, ha portato perfino a inaccettabili episodi di intolleranza come quelli troppe volte perpetrati ai danni della Brigata ebraica da parte di gruppi estremisti. Episodi indegni ai quali ci auguriamo di non dover più assistere.

Mi domando se queste persone si rendano conto di quanto,così facendo, indeboliscono i valori che dicono di voler difendere. È probabilmente questa consapevolezza ad aver spinto Luciano Violante a individuare — nel suo memorabile discorso di insediamento da presidente della Camera quasi trent’anni fa — proprio in una certa «concezione proprietaria» della lotta di Liberazione uno dei fattori che le impedivano di diventare patrimonio condiviso da tutti gli italiani. Un concetto ripreso nel 2009 da Silvio Berlusconi (allora presidente di un Consiglio dei ministri nel quale sedevo anche io) in un altro famoso discorso, quando a Onna, celebrando l’anniversario della Liberazione sulle macerie del terremoto, invitò a fare del 25 Aprile la «Festa della Libertà», così da superare le lacerazioni del passato.

Un auspicio che non solo condivido ma che voglio, oggi, rinnovare, proprio perché a distanza di 78 anni l’amore per la democrazia e per la libertà è ancora l’unico vero antidoto contro tutti i totalitarismi. In Italia come in Europa. Una consapevolezza che ha portato il Parlamento europeo a condannare inequivocabilmente e definitivamente tutti i regimi del ‘900, senza eccezioni, con una risoluzione del settembre 2019 nella quale mi riconosco totalmente, e che il gruppo di Fratelli d’Italia, insieme a tutta la famiglia dei Conservatori europei e all’intero centrodestra, votò senza alcuna esitazione (a differenza, purtroppo, di altri). Una risoluzione che assume nell’attuale contesto un valore ancora maggiore, dinnanzi alla eroica resistenza del popolo ucraino in difesa della propria libertà e indipendenza dall’invasione russa.

In tutto il mondo le autocrazie cercano di guadagnare campo sulle democrazie e si fanno sempre più aggressive e minacciose, e il rischio di una saldatura che porti a sovvertire l’ordine internazionale che le democrazie liberali hanno indirizzato e costruito dopo la fine del secondo conflitto mondiale e la dissoluzione dell’Unione Sovietica è purtroppo reale. In questo nuovo bipolarismo l’Italia la sua scelta di campo l’ha fatta, ed è una scelta netta. Stiamo dalla parte della libertà e della democrazia, senza se e senza ma, e questo è il modo migliore per attualizzare il messaggio del 25 Aprile. Perché con l’invasione russa dell’Ucraina la nostra libertà è tornata concretamente in pericolo.

È, questa, una convinzione che ho rafforzato grazie all’incontro con una donna straordinaria, Paola Del Din . Durante la Resistenza combatteva con le Brigate Osoppo, le formazioni di ispirazione laica, socialista, monarchica e cattolica. Fu la prima donna italiana a paracadutarsi in tempo di guerra. Il suo coraggio le è valso una Medaglia d’oro al valor militare, che ancora oggi, quasi settant’anni dopo averla ricevuta, sfoggia sul petto con commovente orgoglio. Della Resistenza dice: «Il tempo ci ha ribattezzati Partigiani, ma noi eravamo Patrioti, io lo sono sempre stata e lo sono ancora». Nell’Italia repubblicana è stata insegnante di Lettere e, nonostante i suoi quasi cento anni, continua ad accettare gli inviti a parlare nelle scuole di Italia e del valore della Libertà.

Dedico questo giorno a lei, madre di quattro figli e nonna di altrettanti nipoti, ma anche, idealmente, di tutti gli italiani che antepongono l’amore per la propria Patria a ogni contrapposizione ideologica.

Conferenza Bilaterale sulla Ricostruzione dell’Ucraina

Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha tenuto un intervento alla Conferenza Bilaterale sulla Ricostruzione dell’Ucraina presso il Palazzo dei Congressi, a Roma e, in precedenza, rilasciato le dichiarazioni alla stampa con il Primo Ministro d’Ucraina Denys Shmyhal al termine dell’incontro bilaterale.

[Intervento del Presidente Meloni]

[Dichiarazioni alla stampa – traduzione simultanea]

[Dichiarazioni alla stampa – audio originale]

Buongiorno a tutti.

Grazie di essere qui, grazie a chi si è prodigato per l’organizzazione di questo evento, a partire dal Ministro Tajani, al Ministero degli Esteri. Grazie a tutti voi che siete intervenuti e grazie di cuore al Primo Ministro Shmyhal, ai Ministri della folta delegazione che lo hanno accompagnato a questo evento, al quale io sono molto felice di dare il mio personale benvenuto e di dare il benvenuto del Governo e il benvenuto dell’intero popolo italiano che da quel maledetto 24 febbraio di un anno fa non ha mai smesso di essere al fianco dell’Ucraina a 360 gradi.

Non avrebbe potuto essere diversamente. L’Italia non avrebbe potuto fare altra scelta che quella di essere a fianco al popolo ucraino in questa battaglia per la sua libertà, per la sua integrità, per la sua sovranità, non solo perché era giusto farlo, ma anche perché – voglio ribadire ancora una volta utilizzando questa occasione – quello che accade oggi in Ucraina ci riguarda tutti. Ci riguarda tutti per il rispetto che tutti dobbiamo alla libertà e alla sovranità di un popolo e ci riguarda tutti perché un mondo nel quale la forza del diritto viene sostituita dal diritto del più forte, è un mondo che non conviene a nessuno e che non conviene a noi.

Il popolo ucraino sta combattendo anche per noi. Il popolo ucraino combattendo non avvicina il conflitto, allontana un possibile conflitto più vicino a casa nostra. E quindi il sostegno che noi forniamo è un sostegno dovuto, necessario e che abbiamo portato avanti in tutti gli ambiti che erano necessari e in questo quadro si inserisce la Conferenza sulla ricostruzione che abbiamo organizzato oggi.

Un impegno che io personalmente avevo preso a nome dell’Italia quando mi sono recata a Kiev lo scorso febbraio, uno dei tanti impegni che l’Italia ha mantenuto dimostrando la sua serietà, la sua capacità di avere una parola sola, la sua capacità di essere coerente e credibile nelle scelte che fa.

L’intenzione di questo appuntamento è soprattutto quello di guardare avanti, di parlare di ricostruzione mettendo al centro di quella ricostruzione lo straordinario know-how del nostro sistema imprenditoriale e produttivo. Così oggi siamo fieri di accogliere qui, e davvero li ringrazio, i vertici di 600 tra le migliori aziende italiane, i vertici di 150 tra le migliori aziende ucraine, ovviamente i Ministri competenti e i rappresentanti delle maggiori istituzioni finanziarie internazionali.

Noi siamo qui per parlare di presente, per parlare di futuro, per parlare del futuro dell’Ucraina che è un futuro di pace, di libertà e di benessere. Perché questo è il messaggio che oggi da Roma la comunità internazionale vuole ribadire con forza: il futuro dell’Ucraina è un futuro di pace e di libertà, non ci sono altre soluzioni possibili, non ci sono altre opzioni.

Noi vogliamo contribuire a questo obiettivo non solamente aiutando l’Ucraina a difendersi, non solamente sostenendo tutte le opzioni politiche, compresa quella di immaginare soluzioni negoziali al conflitto, purché si parta dal presupposto che l’integrità di questa Nazione non è in discussione e purché si sia consapevoli del fatto che il tema di un’invasione non si scambia mai con la parola pace.

Noi lavoriamo perché si esca da questo conflitto e su questo siamo già orientati a partire da oggi con la nostra iniziativa, con le tante iniziative che portiamo avanti.

È nostro compito aiutare l’Ucraina a scrivere questo nuovo capitolo della sua storia e l’Italia ha tutte le carte in regola per giocare assolutamente un ruolo da protagonista in questo, non solo per la determinazione e per la credibilità con la quale abbiamo fatto le nostre scelte e non abbiamo mai tentennato, ma anche perché, per esempio, l’Italia sarà il prossimo anno, nel 2024, Presidente di turno del G7, perché è stata protagonista in tutte le grandi scelte che sono state fatte in questi anni e, aggiungo, perché si candida anche a ospitare nel 2025 la Ucraine Recovery Conference, una conferenza molto più grande di questa, per segnare la nostra volontà ad andare avanti su questo terreno.

Il nostro compito è lavorare fin da subito per ripristinare in Ucraina quanto è stato distrutto, a partire dalle infrastrutture strategiche ed energetiche. Guardate il senso profondo della scelta che la Russia ha fatto di colpire tutte le infrastrutture strategiche che servivano al sostentamento della popolazione civile. Si è tentato di piegare un popolo con il freddo, con il buio, con la fame.

Io penso che l’Italia debba essere orgogliosa del fatto che uno degli elementi principali ai quali noi ci siamo dedicati nell’ultimo pacchetto di aiuti all’Ucraina siano stati i generatori elettrici per restituire al popolo ucraino, che in ogni caso non si era fatto piegare, la luce, il caldo, l’acqua, il cibo.

Penso che gli italiani debbano essere fieri di questo e penso, però, che da oggi noi dobbiamo lavorare per ricostruire nelle zone liberate le infrastrutture che sono state colpite o che continuano a essere colpite: strade, ponti, scuole, ospedali. Tutto serve.

Questo processo richiede non solo il sostegno delle Nazioni che appoggiano Kiev e delle Istituzioni multilaterali e finanziarie. Colgo questa occasione per annunciare – so che gli ucraini tengono molto a questa eventualità – che SACE è pronta a rilanciare la propria attività in Ucraina – ovviamente all’interno di un quadro di sostegno finanziario internazionale che serve proprio alla realizzazione di progetti strategici, tra cui i servizi, le infrastrutture e l’energia -, che è pronta a riprendere le operazioni interrotte nel 2022 a causa del conflitto e a sostenere nuove operazioni.

Perché questo sostegno è fondamentale? È fondamentale quello delle Nazioni, è fondamentale quello delle organizzazioni multilaterali, è fondamentali il sostegno delle organizzazioni finanziarie.

Però, per la mole di quello che va ricostruito, è evidente come sia fondamentale anche l’impegno responsabile dei privati perché, per sostenere la ripresa economica dell’Ucraina, sarà fondamentale poter contare sulle aziende con il loro spirito imprenditoriale, con il livello di expertise che ciascuno ha nei propri settori chiave.
In altre parole, i nostri ambiziosi obiettivi hanno bisogno di un importante intervento di capitali e investimenti privati.

L’Ucraina è una Nazione orgogliosa, certo. È una nazione però dinamica, ricca di risorse, nella quale non mancano talenti. È una Nazione che offre ad un occhio scaltro grandi opportunità di investimenti. L’Italia non a caso è il terzo partner commerciale dell’Ucraina. E non a caso abbiamo firmato con Kiev un accordo di cooperazione tecnologica e industriale in diversi settori che sono strategici: penso alla logistica, all’alta tecnologia, ai macchinari agricoli, fino allo start-up, alla piccola media impresa, un tessuto produttivo che per certi versi è molto simile a quello italiano.

Noi come sistema Italia siamo già presenti in Ucraina. Lavoriamo, insieme alle istituzioni finanziarie e internazionali e alle nostre agenzie che sostengono l’internazionalizzazione, per rafforzare il sistema Italia in Ucraina, incluso il tema delle assicurazioni che sono necessarie per chi investe contro i rischi derivanti dal conflitto. Un impegno che intendiamo continuare a portare avanti anche nella piattaforma internazionale dei donatori alla quale pure la nostra Nazione partecipa dall’inizio.

Allora quello che io voglio dire alla platea molto autorevole che è seduta qui davanti a me oggi, quello che voglio dire agli imprenditori italiani è non abbiate paura, non abbiate paura di investire, non abbiate paura di costruire, di ricostruire, non abbiate paura di saper guardare oltre i difficili mesi che noi stiamo attraversando. Non abbiate paura di scommettere sulla vittoria dell’Ucraina e di scommettere sull’integrazione europea di questo Paese, perché noi sosterremo con forza il diritto degli ucraini a essere parte integrante della famiglia europea. Una aspirazione che io considero, che noi consideriamo, assolutamente sacrosanta da parte di chi oggi difende con la sua vita anche la nostra libertà.

Credo anche che sia un’occasione per tutti noi, per l’Europa, di crescere, di aprirsi, di allargare i propri confini. Sono molto importanti i passi in avanti che il governo ha compiuto in questo senso con le proprie riforme, ne parlava il presidente Zelensky che ringrazio e saluto. E credo che anche questo vada guardato con la giusta attenzione perché nonostante si sia nel mezzo di un conflitto, il governo continua a lavorare per avvicinarsi sempre di più agli standard europei, per dimostrare la sua voglia di essere compiutamente europea.

Credo che questo sforzo fatto in un momento in una situazione così difficile non possa che essere ripagato, accelerando il più possibile le iniziative che sono necessarie a favorire questa integrazione. Anche questa è una dimostrazione della forza straordinaria di questo popolo che ha mostrato e mostra al mondo ogni giorno cosa sia l’amore per la propria libertà, l’amore per la propria patria, e che nonostante la sofferenza è stato capace alla fine di trasformare la crisi anche in un’occasione, anche in un modo per mettersi in discussione, per pretendere di più da sé stessi, per fare passi avanti. L’occasione per rinsaldare le proprie fila, per reagire, per migliorare, per modernizzare. Perché sì, le crisi contengono sempre anche delle occasioni. Sono il motore della scelta, sono il motore dell’azione, inevitabilmente portano con sé anche delle occasioni. Noi italiani, che sulle macerie della Seconda Guerra Mondiale abbiamo costruito il miracolo economico degli anni sessanta, lo sappiamo meglio di chiunque altro. E allora a me piacerebbe che oggi fossimo sempre noi italiani con quel know-how, quell’esperienza, a costruire anche il prossimo miracolo economico dell’Ucraina. Questa è una sfida che è alla nostra portata, perché nessuno alla fine sa avvolgere le crisi in opportunità come gli italiani hanno dimostrato di sapere fare.

Sono certa che questo impegno possa portare anche ad allineare i livelli economici di Kiev ai suoi vicini molto più velocemente di quanto oggi non si possa immaginare.
Investire oggi sulla ricostruzione dell’Ucraina dal mio punto di vista non è azzardato. Investire oggi sulla ricostruzione della Ucraina dal mio punto di vista è un investimento estremamente oculato, lungimirante. È un investimento sulla pace, è un investimento sul benessere. È un investimento sulla crescita economica dell’Ucraina, dell’Italia e dell’Europa.
Confido che, chi come noi è sempre stato un pioniere delle opportunità che gli altri non vedevano, non si faccia sfuggire questa occasione.

Caro Primo Ministro – e concludo – noi siamo pronti a costruire insieme una pagina nuova della nostra storia comune. Antoine de Saint-Exupéry scriveva: “se vuoi costruire una barca non radunare uomini per tagliare la legna, per dividere i compiti, per impartire ordini, ma insegna loro la nostalgia del mare”. Per ricostruire una nazione martoriata dalla guerra non bastano – anche se serviranno – i soldi, gli ingegneri e gli architetti, gli operai, serve la nostalgia della libertà e quella nostalgia del proprio futuro che il popolo ucraino ha saputo dimostrare così bene. E dunque la ricostruzione è possibile e inevitabile.

La guerra intacca spesso la fiducia che si ha nel domani, tende ad accecare. Non è stato così in questo caso. In questo caso non ci si è fatti accecare. In questo caso si è guardato dritto negli occhi il proprio nemico e si è scelto di combattere perché si voleva guardare oltre di lui, si voleva guardare quello che c’era dopo, quello che c’era davanti.

Oggi anche noi, l’Italia, la comunità internazionale guardiamo tutti nella stessa direzione e dove tutti stiamo guardando è oltre questo conflitto, oltre quel nemico, oltre quell’invasione, oltre quell’ingiustizia. E il modo migliore per guardare oltre è immaginare un’Ucraina ricostruita perché ogni scuola, ogni casa, ogni ospedale, ogni campanile che noi ricostruiremo insieme in Ucraina saranno un pezzo delle fondamenta dell’Europa intera.

Grazie a tutti per quello che riuscirete a fare.

Ringrazio il Primo Ministro Shmyhal per avere scelto di partecipare a questa Conferenza sulla ricostruzione dell’Ucraina, un impegno che io avevo preso personalmente con il Presidente Zelensky quando, a fine febbraio scorso, mi sono recata a Kiev. E come tanti altri impegni che l’Italia aveva assunto, ha inteso mantenere anche questo.

Prima della nostra partecipazione alla Conferenza abbiamo avuto un bilaterale per fare il punto sullo stato della nostra collaborazione. Ho ribadito al Primo Ministro che l’Italia continuerà a fare la sua parte a 360 gradi a sostegno dell’Ucraina sul piano politico, sul piano militare, sul piano umanitario, sul piano anche della ricostruzione. Che è tema di oggi per alcune infrastrutture strategiche, soprattutto in alcune aree liberate, ma anche e soprattutto per domani.

Per noi, come ho detto a Kiev, come ribadisco qui, parlare di ricostruzione dell’Ucraina significa scommettere concretamente sulla vittoria e sulla fine del conflitto, perché io sono certa che il futuro dell’Ucraina sarà un futuro di pace, sarà un futuro di benessere e sarà un futuro sempre più europeo.

Noi continueremo a fare la nostra parte, non solo a livello bilaterale ma anche a livello multilaterale. Tra l’altro ricordavo che il prossimo anno, nel 2024, l’Italia sarà anche Presidente di turno del G7, per cui per noi un ruolo sempre più centrale che intendiamo utilizzare per sostenere questa causa, che è una causa di libertà non solo per gli ucraini ma anche per noi, come vale la pena di ricordare sempre.

Continueremo a fornire tutto il sostegno necessario. Continueremo a fornire il nostro sostegno anche al piano di pace in dieci punti che è stato presentato dal Presidente Zelensky. Crediamo nella possibilità di una soluzione diplomatica di questo conflitto a patto che, come ho detto tante volte e ribadisco, non si pensi che la soluzione del conflitto possa essere una resa dell’Ucraina, di un Paese aggredito, perché sarebbe ingiusto e perché costruirebbe un mondo – anche questo l’abbiamo detto e vale sempre la pena di ribadirlo – dove il diritto del più forte vince sulla forza del diritto, ed è un mondo che non conviene a nessuno. Per cui noi anche su questo continuiamo a lavorare, ma siamo convinti che alla pace si possa arrivare solamente quando la Russia cesserà le ostilità, gli attacchi agli obiettivi civili.

Il Primo Ministro ha ringraziato l’Italia per i generatori di energia elettrica che noi abbiamo aiutato a fornire alla popolazione Ucraina. Il Primo Ministro ci ha detto “anche grazie al sostegno italiano, i nostri civili, i nostri cittadini hanno superato l’inverno”, perché quello che sta facendo la Russia colpendo sistematicamente le infrastrutture civili, le infrastrutture energetiche, vuol dire cercare di piegare la popolazione con il freddo e con la fame. Noi abbiamo difeso quella popolazione. Penso che l’Italia debba essere fiera di questo.

Riconosciamo le legittime aspirazioni europee dell’Ucraina, che sosteniamo. Crediamo che il futuro dell’Ucraina debba essere un futuro di sempre maggiore capacità di inserirsi nella dinamica nelle Istituzioni europee, è un avamposto della sicurezza del continente europeo. E credo che il modo più intelligente per ringraziare gli ucraini per quello che stanno facendo sia accelerare la possibilità di far parte delle Istituzioni europee, una possibilità che come sapete l’Italia ha sempre sostenuto.

Dobbiamo riconoscere, tra l’altro, gli sforzi enormi che il Governo di Kiev ha fatto, nonostante si trovasse in guerra, per riformare il suo sistema, avvicinandolo sempre di più ai target richiesti dalla Commissione. Penso quindi che sia fondamentale oggi riconoscere quello sforzo, accelerando e avviando in tempi rapidi i negoziati di adesione all’Unione europea.

Vogliamo svolgere un ruolo di primo piano non solamente a livello politico ma, come dimostra questa conferenza, anche coinvolgendo i privati, le imprese, con il nostro know-how. La ricostruzione dell’Ucraina ci riguarda tutti perché è un pezzo di ricostruzione europea e credo che tutti debbano fare la loro parte.

Voglio anche dire agli imprenditori che oggi abbiamo convocato qui e ai tanti altri che qui non ci sono ma che coinvolgeremo, che oggi investire nella ricostruzione dell’Ucraina non è azzardato. Investire nella ricostruzione dell’Ucraina è, dal mio e dal nostro punto di vista, uno degli investimenti più oculati e lungimiranti che si possono fare in questo tempo. Grazie ancora al Primo Ministro, ai membri del suo governo che sono venuti a trovarci e, come ho avuto modo di ribadire, contate sempre su di noi.

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