Palio e Guerra: Arruolamento e Guerra

La leva militare nel Regno d’Italia
Nel Regno d’Italia si iniziò a fare seriamente con l’introduzione del servizio militare obbligatorio, che venne visto anche come mezzo per cementare l’unità del paese, e si stabilì che la leva dovesse esser fatta lontano da casa. Fu una grande novità per l’intera nazione e diede a molti giovani l’opportunità di uscire dal proprio guscio, di vestire abiti diversi, di imparare a parlare, leggere e scrivere in italiano. Non tutto quindi era negativo e le famiglie compresero la nuova istituzione intravedendovi per i propri figli opportunità di emancipazione, di crescita e conoscenza, nonostante il danno che ne derivava dalla perdita di braccia da lavoro. Alcune resistenze ci furono nelle regioni del Meridione per motivi diversi, ma la Legge prese il via e tutti vi si adeguarono. Inizialmente la durata del servizio di leva venne fissato in cinque anni che furono ridotti a tre con la riforma del ministro Ricotti nel 1876. Erano sempre tanti, per questo nel 1910 la leva scende a due anni o ventiquattro mesi come si usava dire, e nel 1920 nel riordinamento dell’esercito fu provvisoriamente diminuita, per alcune classi, a nove mesi. Per una ulteriore e sostanziale riduzione si dovette aspettare la fine della Seconda guerra mondiale quando fu portata a diciotto mesi, che divennero quindici nel 1964. Il resto è storia recente che tutti conoscono. La parte burocratica rimase accollata ai Comuni che con i nuovi servizi anagrafici di loro competenza assunsero il controllo della popolazione e quindi degli abitanti in obbligo di leva, anche se per diversi decenni si dovette ricorrere ancora ai registri parrocchiali e ai parroci per bandire le leve. Infatti, nel 1912 il Sindaco di Castelnuovo, Cialdai, si rivolgeva ai curati, compreso quello di Quercegrossa: “Prego la S.V. Reverenda di voler pubblicare ripetutamente dall’altare e in particolar modo domenica 6 ottobre corrente, giorno festivo, ai suoi parrocchiani la chiamata alle armi dei militari di 1° categoria della classe 1887 ascritti” e seguiva l’elencazione dei corpi che comprendeva artiglieri, telegrafisti, genio, sanità e sussistenza. Inoltre chiamava alle armi la classe 1890 e altre categorie di soldati. Si trattava della mobilitazione parziale per la guerra contro la Turchia e la conclusione della lettera ci fa intendere le preoccupazioni del sindaco: “Nell’interesse dei militari appartenenti alle suddette classi prego V. S. di dare pubblicità a quanto sopra non venendo inviati precetti personali ai richiamati come indicato nel manifesto pubblicato”.
Trentasei, o ventiquattro o diciotto mesi di militare alla fine poco importava, se c’era la pace. Ma a quelle generazioni alle quali il periodo di leva cadde tra gli anni 1915-1918 o 1940-1944 l’esperienze vissute travalicarono ogni ragionevolezza umana e sperimentarono privazioni e violenze ineguagliabili, fino alla morte. Vennero coinvolti, insieme alle leve, anche i giovanissimi come la classe 1900 nella Prima guerra o uomini fatti come nella seconda quando vennero richiamati anche i quarantenni. In definitiva poche sono state le classi alle quali sono stati risparmiati gli orrori e le paure delle due guerre mondiali: tra questi i nati dal 1861 al 1878, quelli tra il 1900 e il 1903 e coloro che sono nati dopo il 1925, per tutti gli altri, esclusi quelli addetti ai lavori dichiarati necessari all’industria bellica, suonò il postino con la “cartolina verde” oppure i carabinieri. A Quercegrossa molti minatori beneficiarono dell’esonero sia nella Prima che nella Seconda guerra mondiale. Per questo ci fu la corsa a farsi assumere.

Fonte: https://www.ilpalio.org

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