Palio di Siena, LA FORTUNA DI NASCERE A SIENA: LETTERA APERTA AI SENESI SUL PALIO E SUL DELIRIO ANIMALISTA.

Ricevo e pubblico:

“Ci perdonino i senesi se un romano ed una perugina si permettono di parlare del Palio e di Siena, ma è proprio in nome del profondo amore che nutriamo per voi e le vostre Contrade che, con umiltà e rispetto, proviamo a spiegarli a chi non ha i mezzi per comprendere tutta la vostra Bellezza.
E certe cose forse, nemmeno voi contradaioli, vivendole in prima persona come quotidianità, potete spiegarle agli altri proprio perchè le vivete senza nemmeno accorgervene. O forse, più probabilmente, vi siete semplicemente stancati di dover dare spiegazioni a chi pontifica avvelenato su ciò che non conosce, solamente perché ha visto quattro foto sui social e trenta secondi di video.
Perchè il Palio è complesso, è solo la punta dell’iceberg di una realtà vera e viva, che coinvolge migliaia di anime 365 giorni l’anno, mentre al giudizio superficiale della gente viene dato in pasto sì e no un minuto e mezzo di giostra, perchè di questo si tratta, non di sport, non di corse.

Il Palio è complesso, ma se ci si approcciasse con umiltà (concetto sconosciuto oggi su Facebook ed Instagram), con curiosità ed onestà intellettuale, avrebbe tanto da insegnare a livello valoriale a tutti, non solo ai senesi.
Perché in nessun’altra città di Italia e del mondo esistono 17 contrade, 17 famiglie allargate, che seguono ciascuno dei propri componenti dal battesimo alla morte. In un mondo in cui regnano egoismo, individualismo e solitudine, dove le persone sono ormai atomi inermi abbandonati a se stessi di fronte alla società e al mondo globalizzato, a Siena siete stati benedetti dalla presenza costante ed immutata delle contrade, che nei secoli, forti della propria storia ed orgoglio, resistono.
Quale grandissima fortuna è nascere a Siena ed essere battezzato contradaiolo: avere una seconda famiglia, ma vera, che ti accoglie e che ti accompagna nella vita, nelle gioie come nei dolori. Che ti aiuta e ti supporta, ti cresce, anche quando magari per forza di cose, la famiglia d’origine non c’è. Quanto può fortificare un individuo questo senso di appartenenza, la consapevolezza e l’orgoglio di far parte di una piccola e forte comunità su cui potrà sempre contare. Questo è qualcosa che solo voi di Siena avete e che dovete difendere con le unghie e con i denti. Il resto d’Italia, il concetto di comunità, l’ha dimenticato suo malgrado da tempo.
Vi accusano di essere medievali e cattivi, reazionari e barbari. Senza averle mai minimamente vissute, stabiliscono dall’alto della loro moralità tutta presunta che le vostre tradizioni sono superate. Bestemmiano, dichiarando tanta Bellezza “inutile”. Come se la Bellezza si giudicasse in termini di utilità. Spiegassero invece queste anime belle, sempre che siano in grado di formulare un concetto che vada oltre l’insulto virtuale, in quale altra città del mondo ci si odia visceralmente tra rivali in tempo di guerra, per i quattro giorni del Palio, per poi tornare alla pace come se nulla fosse accaduto.
In qualsiasi altra parte del mondo ci sarebbe “scappato il morto” da tempo. Negli stadi, per molto meno, è successo quello che a Siena non è successo e succederà mai.
Perché al di là della rivalità, della purga, del dileggio, delle politiche di “killeraggio” tra fantini ai canapi, dei dispetti terribili in tempo di guerra, il rispetto per se stessi e per i rivali rimane sopra ogni cosa. Sempre.
Non è sportività di facciata, è dignità vera e propria, è Tradizione e Storia. È la dignità di chi vince ma sa non accanirsi, di chi sa quando fermarsi.
Emblematico a riguardo l’episodio del 2 luglio 1982, quando toccò alla Torre Rimini, cavallo favorito, già vincitore in altri palii.
Lutto nel quartiere dell’Onda, contrada rivale, fino a quando non si seppe che a causa di un presunto infortunio di Rimini la Torre non lo avrebbe fatto correre, rinunciando così a partecipare ad un Palio in cui era invece strafavorita (sempre perché i senesi, ai cavalli, gli vogliono male).
L’Onda in tumulto, in festa come se avesse praticamente già vinto, beandosi della malasorte che si era abbattuta sulla rivale.
Festa sì, ma fino ad un certo punto, ovvero quello in cui il Capitano Novello Inglesi chiese al proprio popolo di mostrare dignitoso contegno e di smettere di sbeffeggiare la nemica: l’inzio era promettente di certo e sicuramente non erano dispiaciuti per i torraioli, ma non avevano mica purgato la Torre in Piazza, il Palio ancora era da correre e da festeggiare non c’era ancora nulla.
Sintesi di un equilibrio, di un buongusto e di un senso della misura che oggi si fatica a trovare non in Italia, ma addirittura in Europa.
La verità è che il senso civico che c’è a Siena, non esiste in nessun altro luogo al mondo, e non esisterebbe senza Palio. Perché le contrade vivono per il Palio, e il Palio è metafora della vita, della guerra (come solo a Siena la sanno fare) e dell’amore di ogni senese e di ciascuno di noi. Perché tutti noi in vita amiamo, speriamo, perdiamo e ci disperiamo, vinciamo, veniamo sconfitti e poi ci rialziamo per vincere ancora.
Ma in nessun altro luogo si affronta la sconfitta in comunità, anzichè da soli. Solo a Siena le lacrime amare di sconfitta si versano insieme.
In nessun altro luogo si condivide la vittoria con la propria madre, il proprio padre, i propri figli, il vicino di casa. Solo a Siena le lacrime di gioia si piangono insieme, ed insieme ci si abbraccia, e si urla, e si impazzisce.
Troverete che in nessun altro luogo al mondo sono banditi vendetta e rancore.
È permessa la rivincita a Siena, quella sì. È concessa la chance di rifarsi tra un anno, di battere la rivale al prossimo Palio, di “purgarla” come si è stati purgati, di restituire il favore e di gioirne insieme in contrada. Quello si, è concesso. Ma in tempo di pace, a Siena, regna davvero la Pace. Perché, alla fine, se la nemica ha vinto, la si omaggia e le si rende onore lo stesso, come è giusto che sia. Quale irripetibile esempio di umiltà e di fraterna convivenza civile.
Ma come fa un senese a spiegare la propria esistenza ad uno sconosciuto delirante su Facebook che per di più nel 99% dei casi nemmeno vuole ascoltare? Perché è di questo che si tratta. Della vita personale dei contradaioli, che dovrebbero mettere a nudo il proprio vissuto solamente per spiegare a gente che non vuole (in molti casi abbiamo tristemente constato che più semplicemente non può) capire cosa voglia dire davvero il Palio di Siena.
Quando invece questo sistema di valori comunitari è qualcosa che dovrebbe essere d’esempio per tutti, alla portata teoricamente di tutti, da tutti “copiato”, ed è proprio di questo che poi i “non senesi” come noi si innamorano e vi invidiano.
Ma dobbiamo constatare che nell’era social, dove i tuttologi improvvisati che non hanno mai visto un cavallo dal vivo si sperticano in analisi etologiche che manco i biologi plurilaureati, quanto scritto finora risulterà a uso e consumo dei senesi e nulla più. Concetti troppo alti, permetteteci di dirlo dopo innumerevoli “dibattiti” sui social, per gli animalisti d’accatto.

E allora, esaurito l’aspetto “romantico” e se vogliamo più alto del Palio e di Siena, affrontiamo gli animalisti improvvisati sul terreno in cui hanno osato avventurarsi: quello meramente tecnico, relativo al benessere del cavallo.
Perché blaterano senza neppure sapere dove stia la testa e dove stia la coda di un cavallo, eppure si sentono legittimati a ipotizzare usi massicci di doping come se stessero parlando di gare in ippodromo, probabilmente perché privi di strumenti di analisi per cogliere le differenze sostanziali tra le due situazioni: nessuno sa quando partiranno i cavalli a Siena nel giorno del Palio, a differenza di una gara in ippodromo. E se io non so quando un cavallo dovrà correre non lo posso dopare, perchè se l’effetto doping finisse prima che venga data la mossa, il cavallo non correrebbe più manco a spinte, ottenendo esattamente l’effetto contrario a quello sperato. E questo, se avessero una vaga idea delle dinamiche del Palio, se sapessero cosa significa “rincorsa” e quanto decisivo sia il posto al canape assegnato dalla Sorte alle rivali, spesso determinante per quanto riguarda la lunghezza della mossa, potrebbero serenamente capirlo da soli.
Però nel loro cieco ed ottuso odio non riescono a usare la logica di cui teoricamente ogni essere umano dovrebbe essere dotato, perché altrimenti ci arriverebbero anche da soli a comprendere che nessun fantino a Siena vuole montare un cavallo meno lucido ma più veloce. Perché nessun fantino a Siena vuole affrontare sei curve a gomito con un cavallo poco lucido, anche se più potente.
Ma se non bastasse la logica a zittirli, ci sono sempre le analisi e gli esami antidoping a cui sono sottoposti i cavalli, oltre alle innumerevoli previsite veterinarie; ma abbiamo tristemente notato che gli animalisti evitano accuratamente di parlare di Protocollo, della clinica il Ceppo e del pensionato riservato ai cavalli che corrono a Siena.
Vogliamo sperare che evitino di citare queste componenti fondamentali per ignoranza, anziché per viscida faziosità, perché spiegare che a Siena vige un Protocollo redatto da alcuni dei migliori veterinari a livello nazionale, come il Professor Marco Pepe che per 20 anni ha collaborato con il Comune di Siena, o anche il Colonnello Castellano e il dottor Ippedico, a quanto pare non si sposa bene con la causa animalista.
La storia di Quintiliano, che tutti i senesi conoscono, gli animalisti dell’ultimo minuto non la citano mai quando blaterano sul fatto che a Siena i cavalli vengono abbattuti per divertimento o per business. Perché non fa comodo ricordarsi di Quintiliano e dei suoi zoccoli posteriori ricostruiti ex novo dal Dottor Raffaele Ciampoli, presso la Clinica il Ceppo, tramite una tecnica assolutamente innovativa a base di cellule staminali e piastrine.
Chiediamoci quindi in quale altra parte del mondo un miracolo simile avrebbe potuto verificarsi, a quale cavallo senza due zoccoli sarebbe stata risparmiata la vita evitando un abbattimento (senz’altro molto meno costoso e meno impegnativo). Alla faccia del business e dei deliri sul fatto che a Siena i cavalli vengono abbattuti per comodità.
Ci stupisce davvero quindi, che chi è così ferrato in medie annuali e statistiche sugli incidenti di Siena (come se gli incidenti capitassero solo al Palio e in nessun’altra disciplina equestre), si ricordi perfettamente di Periclea ma non di Quintiliano, ciarli di doping non sottolineando che invece esiste un Protocollo, si inventi di sana pianta che i cavalli da Palio addirittura spariscano nel nulla finendo nei macelli, quando basterebbe controllare i cavalli che si presentano ogni anno alla Tratta per ritrovare quegli stessi soggetti che hanno già corso nelle edizioni precedenti, sempre che non siano già in pensione al Ceppo, mantenuti dai senesi.
Ci fanno sorridere gli esperti geometri che sottolinenano immancabilmente quanto la pista di Siena sia insidiosa e si esprimano senza però sapere che i cavalli ammessi a correre il Palio si sono allenati su piste esattamente gemelle, e che se non si fossero dimostrati adatti, non sarebbero arrivati a correre a Siena. Senza parlare del fatto che le dinamiche del Palio sono ormai cambiate, se vogliamo sono evolute, perché i fantini non montano purosangue sconosciuti come succedeva un tempo, ma montano smezzosangue che sempre più spesso allenano in prima persona, e che quindi conoscono bene.
Sempre gli esperti geometri pontificano sull’inadeguatezza del tufo per la pista, non sapendo a quante manipolazioni il tufo di Siena viene sottoposto e poi controllato e ricontrollato prima della corsa a livello di pressione ed umidità, per garantire la sicurezza di cavalli e fantini. Cosa che chiunque sia stato in piazza durante il Palio può confermare.
Ci fa sorridere inoltre che si parli di scommesse legate a dinamiche mafiose quando tutti sanno che dal 2008 è vietato per legge scommettere sul Palio, perché sulle Tradizioni non si specula, come ha dovuto recentemente ricordare il sindaco De Mossi alla Sisal.

E allora, di fronte a questa cronaca faziosa fatta di mezze verità e dettata da un mero e peloso buonismo emozionale, rispondiamo che non si accettano a Siena lezioni di civiltà da chi non ne dimostra neppure una briciola permettendosi di sputare veleno su ciò che non conosce.
Non si accettano lezioni di presunta moralità ed etica da chi, credendosi in qualche modo superiore, in quanto fallito in ogni ambito della vita, si ritrova a piangere un cavallo augurando contemporaneamente la morte ai fantini, che prima di essere fantini per professione sono Uomini, padri e mariti e figli, non cogliendo così la differenza abissale che intercorre tra chi veramente per scelta rischia la vita sul tufo e chi invece vomita minacce (ovviamente sempre e solo virtuali) coraggiosamente seduto davanti ad un computer, quando dobbiamo ironicamente dedurre che se la loro vita avesse un qualche alto scopo, sicuramente si ritroverebbero a fare ben altro.
Non si accettano lezioni di sorta da chi magari sopravvive risparmiando sull’alimentazione dei cavalli che tiene in scuderia; o magari usa a casa (lontano dalle riprese della Rai), spesso e volentieri neppure sapendoli utilizzare e quindi trasformandoli in veri e propri strumenti di tortura, ogni tipo di attrezzatura coercitiva su questi animali, quali martingale più o meno fisse, chiudibocca, barbozzali e hackmore per poi lavarsi la coscienza vomitando idiozie sul Palio, non sapendo che quegli stessi strumenti così invasivi, a Siena sono semplicemente banditi.
Ma soprattutto non si accettano lezioni da chi si improvvisa presuntuoso ed arrogante tuttologo, quando di cavalli non sa nulla e men che meno di Palio, non sapendo neppure indicare Siena su una cartina geografica.

In conclusione vale la pena sottolineare quanto il dignitoso silenzio dei senesi raccolti in lutto per Raol abbia sovrastato imponente le barbariche urla ed incivili minacce di chi mai capirà il Palio e saprà apprezzarne la profonda ed irripetibile Bellezza, confermando ancora una volta che la Civiltà risiede tutta solamente in una delle parti in causa, e provocando in noi una sottile tenerezza verso queste scimmiette urlatrici che non hanno neppure la vaga idea di cosa si perdono.

Firmato da un padre e una figlia innamorati di Siena e del Palio,
Fausto e Giulia Lipari.”

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